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Piangi Siria, piangi

gennaio 6, 2012

Due settimane fa, come un fulmine a ciel sereno, la notizia: due attentati suicidi alla periferia di Damasco, in pieno giorno, contro due edifici delle forze di sicurezza. Almeno 40 morti, e un centinaio di feriti. Resto sconvolto, attonito. E’ il primo attentato suicida in Siria dall’inizio della rivoluzione, ed è un avvenimento estremamente inquietante, che ricorda la tragica storia di altri paesi vicini, come il Libano e l’Irak.

Per di più conosco bene il luogo dell’attacco, il quartiere di Kafr Susa: due anni fa ci andavo ogni giorno in autobus a prendere lezioni private di arabo…

E questa mattina, per la seconda volta, un’esplosione nel centro di Damasco. Secondo il governo siriano, si tratta di un altro attentato suicida. Decine di morti e di feriti. Questa volta nel quartiere storico di Midan, famoso per i suoi negozi di pasticceria araba e i suoi ristoranti di agnello e montone.

Oggi i titoli dei giornali sulla Siria sono assolutamente uguali a quelli letti e riletti sull’Irak. Le esplosioni e gli attentati si sono trasferiti da Baghdad, una città per me solo immaginata e sognata, e una specie di fantasma del nostro subconscio collettivo, a Damasco, una città viva e reale, conosciuta e amata. Mi si stringe il cuore. Ahi povera Damasco, ahi poveri siriani…

Il governo accusa l’opposizione di essere soltanto un’accozzaglia di bande terroristiche e di aver compiuto questi attacchi efferati per creare scompiglio. L’opposizione accusa invece il governo di averli organizzati per spaventare la popolazione e per convincerla a preferire la continuazione della dittatura al caos e all’anarchia, secondo una specie di strategia della tensione.

Da che parte starà la verita’? Nessuno lo sa. E intanto la situazione in Siria non fa che peggiorare. In questo stallo prolungato tra governo e opposizione, in cui nessuno dei due lati riesce ad averla vinta sull’altro, e in cui non c’è né spazio né volontà politica per un compromesso, a pagarla più cara è la gente comune: i civili inermi, i manifestanti disarmati, i dissidenti politici.

Piangi Siria, piangi, perché la fine delle tue pene è ancora lontana.

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