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I segreti di Nablus (3): il giardino nascosto

dicembre 3, 2011

In un angolo perduto del centro, tra vicoli sonnolenti e case in pietra, si trovano i resti di un antico palazzo signorile. L’edificio è stato sventrato da un bombardamento aereo durante la seconda Intifada; i corridoi e le sale al piano terra sono rimasti aperti ai quattro venti e abbandonati, mentre i piani superiori sono ora divisi in diversi appartamenti e continuano a viverci alcune famiglie. Dietro al palazzo, una gemma nascosta: un piccolo giardino, un orto, nel pieno centro della città vecchia, stretto tra quattro mura, celato agli sguardi dei passanti. I ragazzetti del rione mi spiegano che l’unica chiave del portone d’ingresso la conserva un certo signore; oggi non è nei paraggi, ma di solito la mattina lo possiamo trovare tra una preghiera e l’altra nella moschea del quartiere…

Torno una seconda volta, un paio di settimane dopo, con Valentina e Berardo, venuti a trovarmi da Gerusalemme. Mi affaccio alla porta della moschea, lancio un saluto nell’aria, e un signore anziano mi risponde. Gli spiego che sto cercando il custode del giardino. Sulle prime non mi capisce, poi gli si illumina il volto e mi dice:- Seguimi. E lo seguo, senza troppe domande. Finché mi diventa chiaro che la chiave ce l’ha proprio lui!

Spalanca il portoncino in ferro e ci lascia entrare in quel piccolo angolo di paradiso. Il sole bagna le chiome degli alberi della sua luce chiara e brillante. Gli alberi di noce, d’arancio, di melograno e di fico riposano nel silenzio e nella frescura. Scopriamo che il custode è in realtà un veterinario in pensione, e che affitta da tantissimi anni questo piccolo orto per crescerci qualche albero da frutto, più per passione che per reale guadagno. Ci accompagna nella visita e uno dopo l’altro ci spiega i nomi delle varie piante, le stagioni in cui danno frutti, gli anni in cui le ha piantate. E ci racconta la storia del palazzo in rovina. A quanto pare il giardino e il palazzo esistono da almeno duecento anni.

:-Le mie mattinate le trascorro così, tra una preghiera nella moschea e una visita al mio orto; e poi dopo mezzogiorno, me ne rientro a casa.

Ci offre tre fichi appena colti dall’albero. E poi altri tre. E poi delle noci. E continua a spiegare, a raccontarci, e a indicare…

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