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Piccoli aneddoti di imprenditori palestinesi

dicembre 4, 2011

Qualsiasi imprenditore o commerciante palestinese ha mille piccoli aneddoti sulle difficoltà incontrate nel suo lavoro. E nelle conversazioni ricorrono spesso, in particolare, i racconti dei problemi alle frontiere, ai posti di blocco e alle dogane. E in generale tutti gli ostacoli posti dall’occupazione militare israeliana allo sviluppo dell’economia palestinese.

Il proprietario della fabbrica di Jenin, ci spiega ad esempio che non può spedire direttamente le sue merci al porto di Haifa (nel nord di Israele) all’interno di un container. Le deve trasportare su dei pancali in un camion normale ad un posto di blocco sulla Linea Verde (la frontiera tra Israele e la Palestina). Qui i pancali vengono scaricati e fatti passare uno ad uno per uno scanner alla ricerca di eventuali esplosivi o di altri materiali non autorizzati. Dall’altro lato i pancali salgono su un altro camion e vengono portati ad Haifa, dove una ditta israeliana si occupa di riporli nei container e di caricarli sulle navi. Purtroppo l’azienda palestinese non può inviare un gruppo di suoi lavoratori a seguire queste fasi di carico e scarico, perché gli serve un permesso speciale per entrare in Israele che è molto difficile ottenere. Una volta qualche anno fa la ditta israeliana si è sbagliata e ha inviato a Londra un container destinato ad Amsterdam e ad Amsterdam quello destinato a Londra…

In un’altra occasione, il gestore di una fabbrica di bevande mi racconta da dove vengono le loro bottiglie di vetro. In Palestina purtroppo nessuno le produce. In Egitto invece si trovano, ma la distanza via terra e le procedure di sdoganamento aumentano troppo i costi. All’inizio, avevano trovato come opzione più economica l’importazione da una ditta portoghese. Per qualche anno hanno ricevuto regolarmente dei carichi di bottiglie vuote al porto di Ashdod (in Israele). Finché una volta una spedizione è rimasta bloccata alla frontiera “per controlli” per diverse settimane. Mi racconta il gestore che dopo aver chiamato diverse volte per chiedere spiegazioni, ed essendo ormai sul punto di dover fermare la produzione, si è sentito chiedere da un funzionario israeliano perché non comprasse le sue bottiglie in Israele, invece di importarle dal Portogallo. Da quella volta hanno iniziato a comprarle da un fornitore israeliano, nonostante gli costi leggermente più caro, e non hanno più avuto problemi.

Nella stessa fabbrica di bevande, mi spiegano anche come il muro di separazione e i posti di blocco gli complichino enormemente la vita. Ci sono dei posti di blocco speciali per il trasporto merci tra la Palestina e Israele, e sono molto pochi. Per trasportare i loro prodotti dalla fabbrica ai clienti di Gerusalemme, invece della normale distanza di 25 km, devono percorrere più di 150 km su strade secondarie e fare un lungo giro per passare dal posto di blocco più vicino; includendo il tempo dei controlli, l’andata e ritorno gli prende facilmente una giornata intera…

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